Quando un brand occidentale influisce sugli usi e costumi orientali si può parlare di un clamoroso caso di successo, in quanto il Sol Levante è noto per il suo nazionalismo e tra i valori di cui si vanta vi è di certo l’eticità con cui tratta il lavoro, nel rispetto del benessere dell’individuo. Questa è forse stata la causa dell’incisivo declino che sta subendo una delle più potenti aziende al mondo, McDonald’s Japan. Negli ultimi mesi, infatti, gli analisti segnalano un rosso in bilancio, per un gruppo che da inizio anno ha già accusato un cedimento del 60% degli utili.
Il declino ha visto il suo avvio a fine luglio quando è venuto alla luce che un fornitore cinese aveva inviato alimenti scaduti e gestito in modo improprio la carne di pollo utilizzata per i Chicken McNuggets e altri prodotti. In un Paese come il Giappone, molto sensibile al problema della qualità e della sicurezza dei cibi, per McDonald’s le conseguenze sono state pesanti, anche se la società ha fatto subito sapere di aver troncato i rapporti con i fornitori cinesi servendosi di altri provenienti dalla Thailandia.
Tuttavia la web reputation negativa, grazie alla velocità di scambio delle informazioni della rete, aveva già reso lo scandalo alimentare di dimensioni globali. A peggiorare la situazione è stata la reazione della canadese Sarah Casanova, responsabile di McDonald’s Japan, che è apparsa inadeguata tanto da inimicarsi l’opinione pubblica locale.
Contro ogni forma di eticità orientale, ha difatti fatto ciò che da “noi” è all’ordine del giorno:“lo scarica barile” sollevandosi dalle responsabilità. Un passo falso culturale enorme: la cultura nipponica prevede l’assunzione pubblica delle responsabilità e, preferibilmente, predilige il risarcimento o la pena pagati in prima persona.
La responsabilità sociale d’impresa in questi Paesi, impone che essa sia portatrice di doveri morali nei confronti dei propri stakeholder per garantire l’armonia della società nella sua interezza. Il sistema distributivo giapponese infatti, dipende molto più dalle relazioni umane tra i vari operatori economici comportando una massiccia influenza di fattori sociali e culturali.
Oltre allo scandalo etico diversi ostacoli stanno compromettendo la serenità del colosso americano in Oriente: qualche mese fa l‘incoerenza di una campagna promozionale è stata motivo di discussione comune. Questa difatti prevedeva forti sconti su alcuni prodotti senza coordinarsi con buona parte dei 3.135 McDonald’s Japan, che hanno così venduto a prezzi più alti di quanto scritto sui cartelloni pubblicitari. Il danno di immagine potete immaginare quanto è stato alto, soprattutto se unito a una concorrenza insidiosissima data dai nuovi ed efficaci convenience store, come i kombini, spesso aperti 24 ore su 24.
L’immagine è stata l’ultima delle preoccupazioni della Casanova visto che oltre la burrasca mediatica ha dovuto affrontare la Banca del Giappone in quanto il cheeseburger fa parte del paniere di riferimento della banca centrale, è perciò in grado di incidere sui trend dell’inflazione. Quando il suo prezzo è stato abbassato, ha causato un forte risentimento sui prezzi generali dei consumi alimentari. Se il crollo in Borsa del titolo non si arresterà, la storia rischia di finire male, soprattutto per molti dei 160mila dipendenti McDonald’s in Giappone.
Sembra ieri quando McDonald’s è sbarcato a Tokyo nel 1971, con l’imprenditore Fujita Den che convinse i vertici Usa ad aprire il primo negozio della divisione Japan sulla Ginza, una zona incisiva per la moda in tutto l’oriente e non solo. Nel bene o nel male, la crescita della catena è stata una delle storie d’oltreoceano di maggior successo in Giappone, contribuendo ad aumentare il consumo di carne e modificando l’immaginario dei bambini giapponesi.
E’ ben noto che l’azienda vanta un altissima brand awareness e bassissima brand reputationche tradotto significa, più o meno, che tutti conoscono il marchio di fast food ma pochi lo giudicano bene. You still Lovin’ It?
(fonte: ninjamarketing)